ABBIAMO INTERVISTATO
MARGHERITA GNECH,
NUOVA (E PRIMA DONNA) MD DI
SONY MUSIC PUBLISHING ITALIA
(MA ANCHE DI TUTTE LE ALTRE MAJOR)

Non nascondo che ho accolto la notizia della nomina a MD di Margherita Gnech con il giubilo di quando scopri già grande che la nonna ti ha lasciato un buono della posta nel 1992: stupore e felicità inaspettata.
L’ho subito contattata per proporle una breve intervista per il nostro blog ed ha accettato di buon grado. Chiacchierando con lei, ho avuto l’impressione di avere davanti una manager preparata e determinata, una figura chiave per il futuro questo settore.
Abbiamo parlato del suo percorso, delle sue priorità strategiche da neo MD, di IA generativa, di autrici e, ovviamente, di parità.
Un’intervista dritta, con una professionista che conosce le sfide che ha davanti e sa dove vuole portare l’azienda.

Classe 1990, laurea in giurisprudenza, master in “Tech Law and Digital Transformation”, dopo l’esperienza in due studi legali come libera professionista, è in Sony Music Publishing da cinque anni.
Conosciamola meglio.

  • Partiamo con una curiosità: cosa ha portato un’avvocata con un brillante inizio di carriera all’interno di due studi legali internazionali di primo piano, Osborne Clarke e Simmons & Simmons, ad entrare in un settore così specifico come quello dell’industria musicale?

Sono due le motivazioni principali. La prima è la volontà di passare da libera professionista ad una realtà aziendale. Da libera professionista in uno studio, mi trovavo a gestire anche trenta clienti alla volta, con un approccio lavorativo che invece vuole essere attento al lavoro che faccio, volendo che il mio lavoro si traduca in un vantaggio pratico per ogni cliente, che ho sempre voluto seguito in tutte le fasi.
Per l’attenzione che voglio dedicare ai progetti, per me era più confacente entrare in un’azienda e lavorare per “un solo cliente”, seguendone il business dalla A alla Z.
Proprio in quel momento ho saputo che in Sony Publishing cercavano una figura legale da inserire nel team. Nonostante non avessi esperienze nel publishing ma solo in discografica, ero sicura di poter ricoprire quel ruolo al meglio. Mi sono candidata e alla fine hanno scelto me.

La seconda motivazione è stata proprio la voglia di entrare nel mondo musicale.
In Osborne Clarke sono stata selezionata da neolaureata principalmente perché di madrelingua tedesca; l’avvocata associate, anche lei italo-tedesca, era la legale di una delle major discografiche, e mi ha coinvolta fin da subito nel suo team, dove ho avuto l’occasione di conoscere il mondo musicale, prevalentemente occupandomi di contenziosi, cosa che mi ha affascinato molto.
Sempre nello stesso studio, collaboravo con un altro team che si occupava di nuove tecnologie, dove ho potuto ampliare le mie conoscenze in ambito tecnologico, acquisito in seguito da Simmons & Simmons che si occupava già in modo pionieristico di intelligenza artificiale e blockchain. Nonostante il grande interesse verso questo ambito ho, da sempre, preferito quello musicale.
Questo anche perché la mia famiglia è molto appassionata di musica; i miei genitori di musica classica, mio zio collezionista di chitarre elettriche mi ha fatto ascoltare tantissimo rock, ma ho sempre ascoltato tanta musica di tutti i generi. Non ho mai pensato però che sarebbe diventato il mio lavoro, anche perché purtroppo non c’erano percorsi di studio chiaramente indirizzati a quest’ambito (il diritto d’autore in giurisprudenza è un esame opzionale), ho fatto legge perchè ero interessata alla proprietà intellettuale, che però comprende anche marchi e brevetti etc.

  • La tua nomina è una notizia che abbiamo accolto con un entusiasmo raro e poco contenuto, non ti neghiamo, soprattutto perché (immaginiamo tu lo sappia) sei la prima donna in assoluto con un ruolo apicale in un’azienda major, sia editoriale che discografica. Oltre a questo, hai un’età insolita per l’Italia per ricoprire un ruolo così importante, hai avuto una carriera fulminante e sei stata promossa dall’interno con un ruolo nel Business Affair. Raccontaci il tuo percorso in Sony Publishing

In Sony Music Publishing nasco come Senior Manager Legal & Business Affair, ma è stato fin da subito un ruolo molto trasversale che mi ha portato a lavorare sia con il reparto A&R (ndr, Artistic&Repertoire) che ad essere di supporto a tutti gli altri dipartimenti, cosa che mi ha dato la possibilità di avere una visione a 360° di tutte le attività di un editore musicale.
C’è da dire che prima del mio ingresso, nella sede italiana, il mio ruolo era stato fino a quel momento ricoperto da consulenti esterni, e anche a livello europeo (o delle singole affiliate europee) non c’era un coordinamento legale che invece era gestito globalmente dalla casa madre a New York. Negli ultimi 5 anni Sony Publishing in generale ha deciso di sviluppare il dipartimento di Business Affairs a livello globale, e quindi anche l’Europa ha visto crescere l’importanza di questo tipo di ruoli, a cui ho contribuito insieme alla mia omologa tedesca, portando all’istituzione di una figura apicale a Londra.
Il mio coinvolgimento a livello internazionale è stato immediato, e questo mi ha senz’altro dato la visibilità necessaria per fare il mio percorso.
In Italia ho subito lavorato sul campo in prima linea, fuori dall’idea di una figura legale dedicata alla sola scrittura e supervisione dei contratti, ma come figura chiave sul business. Sono poi stata nominata Head of Business Affair, cosa che mi ha permesso di creare un team che ora è composto da tre persone.
Il team dà supporto a tutti i reparti in modo strategico anche sulle negoziazioni, approccio che mi ha portato ad avere uno sbocco internazionale partecipando ai due principali meeting con il senior management e occupandomi di alcuni progetti internazionali, aspetti che mi hanno aiutata a farmi notare.
Oltretutto a fine 2023 Roberto Curti (General Manager di Sony Music Publishing, ndr) mi ha coinvolta anche lato HR (Human Resources, Risorse Umane, ndr) per occuparmi delle esigenze dei dipendenti, ruolo che mi ha fatto diventare un riferimento per i colleghi.
Per tutti questi motivi, all’inizio del 2025, il senior management mi ha tenuta sempre più in considerazione finché non è arrivata la mia nomina ad MD, che sinceramente non mi aspettavo.
  • Sei all’inizio di questa nuova avventura. Quali sono le tue priorità strategiche ora che sei alla guida della divisione italiana del publisher musicale più grande al mondo?

Farlo diventare negli anni il publisher più grande d’Italia.
La prima cosa su cui sto lavorando è assumere un direttore artistico per dare un nuovo volto creativo all’azienda. La linea che seguiamo è di ristrutturare il roster di autori e firmare quanto più possibile contratti con autori emergenti, perché voglio che questa sia anche vista come una casa in cui si può crescere ed avere uno sviluppo creativo. Per questo abbiamo in pipeline tante autrici e cantautrici, perché è un mercato che finalmente sta vedendo un giusto sbocco.
Un altro dei primi obiettivi è Sanremo 2026, perché veniamo da un Sanremo 2025 in cui Sony Publishing non era presente per la prima volta nella storia. È stato scioccante per tutti noi qui dentro, e ha dato una botta negativa al morale del team.
Se nell’urban abbiamo continuato a lavorare bene, vogliamo rientrare con decisione nel mercato del pop.”
  • La tua preparazione ed esperienza nella tutela della proprietà intellettuale è indiscutibile. Cosa ne pensi del tanto dibattuto tema della IA generativa in ambito musicale? Pensi sia giusto eticamente o legalmente depositare in SIAE, ad esempio, un brano creato con l’IA?

Ovviamente no. Però bisogna trovare una maniera per lavorare insieme all’IA per evitare che il tema diventi talmente grande da non poterlo evitare. Come è stato per l’avvento del digitale per cui molti hanno messo la testa sotto la sabbia ignorando il fenomeno ma finendo poi per doverne accettare tutte le condizioni.
Detto questo, da paladina della proprietà intellettuale e del diritto d’autore da anni, il fatto che l’IA impari da repertorio già esistente, deve essere soggetto ad una legislazione molto più precisa di quella che è in proposta adesso, ponendo determinati paletti.
Il repertorio del gruppo Sony, ad esempio, attualmente non può essere utilizzato per addestrare gli algoritmi di queste IA.
Secondo me, come tutte le tecnologie, va presa, va studiata, va regolamentata e governata, però va anche abbracciata, rendendola parte del nostro quotidiano in una maniera che possa esserci utile.
La chiave non è di sicuro fingere che non esista.
  • Come sai Equaly esiste perché esiste la disparità di genere all’interno del music business italiano (e non solo). Secondo la tua esperienza, quali sono le principali barriere culturali o strutturali che impediscono alle donne di raggiungere ruoli dirigenziali nel nostro settore?

Se guardo alla mia esperienza personale, il ruolo dell’avvocato in sé, è sempre stato rappresentato dal classico signore, con i baffi, il sigaro in mano, con centinaia di volumi nella sua stanza, e solo lui ti può dare il parere che ti salverà della giustizia italiana.
Ho sicuramente un po’ pagato lo scotto nella mia esperienza di essere donna; non direttamente con i soci per cui ho lavorato, ma magari con controparti, gruppi di studio o riviste di diritto che mi hanno coinvolta, sentendo frasi del tipo “Lei la facciamo parlare per ultima perché è la più giovane” oppure “ah, anche tu hai un’opinione” (niente di nuovo, ndr). Parlo del mondo giuridico che a mio parere è ancora molto indietro riguardo alla parità di trattamento tra uomo e donna, mentre altri settori sono più avanti.
La ragione per cui sono la prima donna MD in assoluto del mondo musicale, risiede nel pregiudizio culturale che ancora regna nel nostro paese, dove si fa ancora fatica a pensare che una donna possa avere un ruolo così importante, da così giovane. Sicuramente la donna paga tanto il fatto che possa andare in maternità, e questo è ancora un problema; io ho fatto dei colloqui in cui mi hanno chiesto l’età e hanno commentato facendo trasparire il terrore che potessi iniziare un percorso per poi sposarmi e rimanere incinta.
Questo si ripercuote in parte anche nel mondo musicale: sono ancora poche le autrici pure o produttrici donne, mentre finalmente le artiste stanno cominciando ad avere uno sbocco a 360°, entrando in classifica e rimanendoci o facendo concerti sold-out.
Come può essere se l’artista ha fatto così fatica, a livello manageriale ci sia più voglia di coinvolgere il mondo femminile? Purtroppo, non siamo ancora in quella fase.
  • E cosa risponderesti oggi ad un giovane dirigente che considera la parità di genere un tema secondario o "risolto"?

Gli chiederei: “ma dove vivi, su Marte?” 

  • Con Equaly ci occupiamo anche di sottolineare quanto il mondo dell’autoralità musicale sia ancora dominato da uomini. Le donne che fanno musica sono poche, le interpreti sono la maggioranza, mentre le autrici italiane che scrivono per altri/e si contano a mente. Come percepisci questa tematica che tocca così da vicino le attività di un editore musicale come Sony Music Publishing? Vedi differenze rispetto agli altri Paesi?

Sì, differenze ce ne sono. Ad esempio, ho visto che negli Stati Uniti buona parte degli autori di punta del roster sono donne.
Questo è un dato importante perché ho visto che, ad esempio, negli USA ed in UK le cantautrici/autrici forti sono acclamate e piacciono anche agli artisti uomini, come ad esempio Lola Young.
In Italia purtroppo è anche difficile trovarle queste autrici: adesso stiamo per portare alla conclusione un po’ di accordi con giovani promesse, e le prime sessioni che abbiamo fatto anche recentemente sono venute molto bene perché le autrici riescono ad immedesimarsi molto nella situazione, sono in grado di trattare con qualunque autore si trovano davanti, perché alla fine noi donne siamo molto sensibili ed empatiche, e quindi abbiamo quella marcia in più.
Questo aiuta in fase di scrittura perché capiscono la situazione, dove possono intervenire, dove è meglio di no, dove possono dare un contributo diverso da quello maschile, abbiamo quell’intelligenza lì.
Anche a volerle cercare è ancora molto difficile, soprattutto la donna producer, praticamente una categoria inesistente.
Ma secondo me c’è margine.