Nome dell'autore: Laura Gramuglia

Laura Gramuglia è speaker, dj, autrice, storyteller e operatrice culturale. È stata tra i conduttori di Weejay a Radio Deejay. Ha scritto di musica e donne su «Rolling Stone», «Tu Style», «Futura», «Vinile» e ha collaborato al lancio della piattaforma di podcasting «Spreaker». Per Arcana Edizioni ha pubblicato “Rock in Love – 69 storie d’amore a tempo di musica”, tradotto in Turchia, “Pop Style – La musica addosso” e “Hot Stuff – Cattive abitudini e passioni proibite. L’erotismo nella musica pop”. Per Fabbri Editori “Rocket Girls – Storie di ragazze che hanno alzato la voce”, tradotto in Brasile e oggi apprezzato podcast e laboratorio didattico nelle scuole. Su Radio Capital è autrice e conduttrice dei format Rock in Love, Capital Hot, Capital Supervision e Rocket Girls. Su Rai Italia ha raccontato “Amori lontani” nei programmi Community e L’Italia con Voi. Su RSI musica e moda nelle trasmissioni Tutorial e Filo Diretto. Sul palco ha affiancato e raccontato Cristina Donà, Erica Mou, Rossana Casale, Nada, Beatrice Antolini. Gira l’Italia con il format Rocket Girls Live e il dj set Rocket Girls On Vinyl. Attivista del collettivo Equaly per combattere la disparità di genere nell’industria musicale.

Stop treating women like shit when they’re alive

Stop treating women like shit when they’re alive L’industria musicale, e non solo, non ha mai fatto sconti alle sue artiste. “Come ci può essere QUALCUNO sorpreso dalla morte di Sinéad O’Connor? Chi si è curato abbastanza di loro per salvare Judy Garland, Whitney Houston, Amy Winehouse, Marilyn Monroe, Billie Holiday? Dove vai, quando la morte appare come la via d’uscita più facile? Questa follia della musica valeva la vita di Sinéad? No, non la valeva. Lei era una sfida, non poteva essere inscatolata, e ha avuto il coraggio di parlare quando tutti gli altri stavano in silenzio per non avere problemi. Tormentata per il solo fatto di essere stata se stessa.” Prima di Morrissey, a ricordarci dell’ignobile falla nel sistema, c’è Jude Ellison S. Doyle, che alla questione dedica un intero libro: Trainwreck (Spezzate – Tlon). Tradotto alla lettera, Trainwreck riporta a un disastro ferroviario, un cortocircuito, un fenomeno squisitamente femminile su cui media e industria si accaniscono da sempre. I primi per andare incontro a una grossa fetta di voyeur, la seconda per scaricare in fretta l’artista che non si adegua allo standard. The Lion and the Cobra è uno degli album di debutto più elettrizzanti della storia del pop. Ma già dalla copertina si è costretti a una mediazione. Sinéad, con la testa rasata per protestare contro un’immagine della donna ipersessualizzata, ritratta in primo piano mentre grida, è troppo aggressiva. Per il mercato americano e canadese meglio un artwork più conciliante, capo chino e sguardo a terra: da un atteggiamento di sfida si è passati a uno di resa. Tutto accade molto in fretta nella vita di questa giovane donna, la sua carriera esplode nel secondo album I Do Not Want I Haven’t Got del 1990 contenente Nothing Compares 2 U, brano scritto da Prince e passato alla storia nell’interpretazione di Sinéad. Grazie anche all’ipnotico videoclip, la canzone diventa da subito il testamento di un’artista ricordata soprattutto per questo successo e per un gesto che non ha nulla a che fare con la sua musica. Il 3 ottobre del 1992, ospite al Saturday Night Live per la promozione del suo ultimo disco, Sinéad sceglie di cantare un brano che non è contenuto nell’album: si tratta di War di Bob Marley, una forma di protesta contro la pedofilia nella chiesa cattolica. Durante l’esibizione prende una foto di papa Giovanni Paolo II e la strappa in favore di camera. Da questo momento in poi la sua vita non sarà più la stessa. Ann Powers, già alla fine degli anni Novanta, sollevava una domanda: se fosse stato Iggy Pop a strappare la foto del papa, le reazioni sarebbero state le stesse? “Sinéad è trasgressiva, ma non nel modo in cui piace lo siano le ragazze. Il fatto che sia un imbarazzo nella scena mentre altre artiste, altrettanto spericolate, vengano lodate per l’audacia, rivela il codice segreto cui le donne devono ancora sottostare: puoi peccare, ma è meglio si tratti di peccati di lussuria”. Tutti amano la voce di Sinéad, molti apprezzano il suo look androgino, pochi sposano il suo credo, nel tempo sempre più radicalizzato. Un vagabondaggio spirituale che è un po’ l’afflizione e il dono che ha ispirato molti artisti irlandesi, nel suo caso mai appagato. Lo racconta bene Glen Hansard in uno di suoi ultimi post: “L’Irlanda ha sempre preferito i suoi eroi sul muro. Troppa paura di affrontarli nella stanza. Ora possiamo facilmente appendere la sua fotografia alla parete e venerarla per la gigante che era. Sinéad ha sempre gettato la testa oltre il parapetto. Adesso riposa giù, alle radici di ciò che ci rende migliori.” In occasione dell’ultima vigilia di Natale, Sinéad O’Connor si è unita a un gruppo di musicisti in Grafton Street a Dublino per l’annuale supporto ai senzatetto della città. A invitarla lo stesso Hansard, che già in passato aveva tentato di mettersi in contatto con lei. Non sappiamo in quanti ci abbiano provato davvero, sappiamo però che non sono mancati attestati di stima, incoraggiamento e supporto da altre artiste non allineate al sistema: Cat Power, Amanda Palmer, Fiona Apple. Quando Morrissey snocciola i nomi delle artiste messe al bando dall’industria ne cita solo alcuni, l’elenco è infinitamente più lungo: Connie Converse, Janis Joplin, Judee Sill, non sono riuscite a sopravvivere a lungo; chi ce l’ha fatta – Karen Dalton, Betty Davis, Sibylle Baier, Vashti Bunyan, Linda Perhacs – è stata costretta a cambiare rotta. “Se per gli uomini nomadismo significa libertà, per le donne è condanna alla solitudine. Le nobody’s girls, le ragazze di nessuno, senza radici, senza legami, sfuggono alle convenzioni, ma anche al dolore e soprattutto a se stesse. Una vita di stanze d’albergo, camerini, aeroporti, autostrade, voli intercontinentali, palchi in città di passaggio, serate che spesso si risolvono in mezzi fallimenti, per colpa di problemi tecnici, dell’alcol o della tristezza“. Ce lo ricorda la giornalista Paola De Angelis quale è stato il prezzo che molte musiciste hanno pagato per essersi sottratte alla vita domestica negli anni Cinquanta e Sessanta e oggi, siamo così sicure di esserci allontanate da questo stereotipo? Siamo così certe che l’industria sia pronta a supportare le artiste che confessano fragilità, irrequietezza o disturbi mentali? In ogni campo e in ogni epoca la strada è stata e continua a essere accidentata per ragazze che non si riconoscono in certi schemi, divise tra scelte di vita affatto scontate, percorsi sghembi e ingegno. Ma arrivate fino a qui è bene tenere a mente le parole della scrittrice britannica Helen Lewis “Le donne educate non fanno la storia. Le donne difficili sì”. Laura Gramuglia *facciamo divulgazione e ci fa piacere veder girare i nostri dati e le nostre riflessioni. Ma così come facciamo noi col lavoro di altre persone, se riportate i nostri approfondimenti nei vostri articoli/post vi chiediamo gentilmente di citarci. Facebook Instagram Linkedin Laura GramugliaLaura Gramuglia è speaker, dj, autrice, storyteller e operatrice culturale. È stata tra i conduttori di Weejay a Radio Deejay. Ha scritto di musica e donne su «Rolling Stone», «Tu Style», «Futura», «Vinile»

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Taylor Hawkins Tribute Concert

“Quando siamo apparsi sul palco per il nostro ultimo concerto, gli unici protagonisti sembravano i maschi. Da fuori sembravano più o meno uguali a com’erano stati negli ultimi trent’anni. Dentro era tutt’altra storia.” fonte: account instagram Foo Fighters Inizia così il memoir di Kim Gordon, resoconto lucido e amareggiato di quasi trent’anni di matrimonio e vita on the road accanto alla stessa persona. Per tutto il tempo in cui ha militato nei Sonic Youth, Gordon ha dovuto puntare i piedi per legittimare il suo ruolo. Non solo la ragazza carina che suona il basso al centro del palco, ma un membro a tutti gli effetti di una band che ha cambiato la storia della musica indipendente e non solo. Per tutto il tempo in cui ha militato nei Sonic Youth, Gordon si è sentita parte di una squadra, di una famiglia; curiosità e ingerenze figlie di un pregiudizio che arrivava dall’esterno. Quando è uscita dalla bolla, si è accorta che niente è scoppiato, il club aveva perso solo uno dei suoi soci e nemmeno così necessario a giudicare dalle pacche sulle spalle scambiate tra quei maschi da sempre poco avvezzi a manifestazioni pubbliche di affetto o sintonia. La storia dei Sonic Youth tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta si avviluppa a quella dei Nirvana, entrambe le formazioni sono solite puntare un faro l’una nella direzione dell’altra quando ne hanno occasione. Kim Gordon è una delle artiste chiamate da Dave Grohl e Krist Novoselic alla cerimonia introduttiva della band di Seattle alla Rock and Roll of Fame e Kurt Cobain ha sempre ribadito il suo tenace rifiuto al machismo imperante del rock attraverso i media e indossando abiti femminili sul palco. Deve essere per questo che il Taylor Hawkins Tribute Concert mi ha fatto pensare a quanto, ancora oggi, il rock’n’roll in particolare sia un club prevalentemente maschile. Le donne ci sono, ci sono state anche in passato, ma ancora una volta il pensiero è andato a quanto sia difficile per loro. A Wembley è andato in scena uno spettacolo artisticamente impeccabile, musicisti straordinari e umanità da vendere. Da qualche tempo non si vedevano così tanti artisti riuniti su uno stesso palco, tutti concordi nel celebrare la bellezza, il talento e la bontà di Hawkins. Per circa sei ore sul palco la storia del rock è protagonista, con un chiaro rimando al live di trent’anni prima, quando il requiem toccò a Freddie Mercury e infatti sul palco ci sono Brian May e Roger Taylor che implicitamente ricordano anche chi partecipò allora – David Bowie e George Michael – e non avrebbe potuto farlo oggi. La storia del rock si racconta attraverso i Queen, Paul McCartney, James Gang, AC/DC, Metallica, Rush, Police, le formazioni preferite di Hawkins che, prima di entrare nei Foo Fighters, accompagnò in tour Alanis Morissette. (Quest’ultima in presenza al tributo di Los Angeles alla fine del mese.) Non sono stupita dal fatto che gli idoli di Hawkins fossero prevalentemente maschi, so quanto sia stato difficile per una ragazza intercettare quel tipo di cameratismo, ma non posso fare a meno di dedicare una riflessione alle donne presenti sul palco: la sedicenne Violet, figlia di Grohl, la dodicenne prodigio della batteria Nandi Bushell, Chrissie Hynde e Kesha. Con la speranza che le nuove generazioni riescano eccome a integrarsi nell’industria musicale armate del proprio carisma e talento, penso a Chrissie e alla sua biografia in cui palesa quanto, soprattutto all’inizio, la sua unica possibilità fosse quella di comportarsi come un ragazzo (Hynde da giovane è stata vittima di un episodio di violenza e se ne è assunta la colpa) e penso a Kesha, la cui carriera è stata segnata dall’accusa di abusi rivolte al suo produttore. Il sentimento che legava i musicisti l’altra sera a Wembley era vivo, commovente. Una complicità che soprattutto in una fase più matura della vita è forse naturale ricercare tra chi è più simile a noi. Intesa che spesso gli uomini, musicisti e non, trovano con altri uomini e donne con altre donne. Se è davvero così, non vedo l’ora di poter vivere e raccontare una storia della musica – scritta, suonata, arrangiata, in studio e dal vivo – in cui a stimolare la discussione sia soltanto la qualità o l’intensità della performance. autrice: Laura Gramuglia  Laura GramugliaLaura Gramuglia è speaker, dj, autrice, storyteller e operatrice culturale. È stata tra i conduttori di Weejay a Radio Deejay. Ha scritto di musica e donne su «Rolling Stone», «Tu Style», «Futura», «Vinile» e ha collaborato al lancio della piattaforma di podcasting «Spreaker». Per Arcana Edizioni ha pubblicato “Rock in Love – 69 storie d’amore a tempo di musica”, tradotto in Turchia, “Pop Style – La musica addosso” e “Hot Stuff – Cattive abitudini e passioni proibite. L’erotismo nella musica pop”. Per Fabbri Editori “Rocket Girls – Storie di ragazze che hanno alzato la voce”, tradotto in Brasile e oggi apprezzato podcast e laboratorio didattico nelle scuole. Su Radio Capital è autrice e conduttrice dei format Rock in Love, Capital Hot, Capital Supervision e Rocket Girls. Su Rai Italia ha raccontato “Amori lontani” nei programmi Community e L’Italia con Voi. Su RSI musica e moda nelle trasmissioni Tutorial e Filo Diretto. Sul palco ha affiancato e raccontato Cristina Donà, Erica Mou, Rossana Casale, Nada, Beatrice Antolini. Gira l’Italia con il format Rocket Girls Live e il dj set Rocket Girls On Vinyl. Attivista del collettivo Equaly per combattere la disparità di genere nell’industria musicale.

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